Il sole del mattino brucia i capelli di Tolsimir mentre cerca di riposare e prepararsi alla preghiera. Intorno, il clangore dei compagni, il Gatto, Amthara e Ascot, che cercano di organizzare le grondaie in una tubatura per portare acqua sino all’edificio pieno di sabbia purpurea e le preghiere mormorate da Shairin.
D’improvviso, uno sconosciuto appare sulla cima della costruzione: ha il volto fresco, non sembra aver viaggiato se non magicamente, e il chiaro abbigliamento di un cittadino proveniente da un clima freddo. Più volte ripete il suo nome, ma forse a causa del sole nessuno riesce a comprenderlo chiaramente. Due cose, però, sono cristalline: è stato mandato da Vangerdahast per aiutare (o controllare?) il Gatto e gli altri, ed è un abile costruttore.
Scende la notte, gli eroi dopo numerose discussioni fanno campo fuori da Kushk, accanto alle mura, e chiacchierano intorno al falò. Fiamme rivelatrici, che li rendono facili prede. Cinque giganteschi avvoltoi, montati da un’avanguardia nemica, piombano su di loro e mettono a ferro e fuoco l’accampamento. Sangue, strazio e dolore. Sopravvivere è un’arte fatta di abilità e fortuna.
Stremati, i nostri ripiegano in città, scavandosi la tana in una casa ormai disabitata.